Semenzato denuncia al Garante lo spot BSA: è ingannevole!

La pubblicità delle multinazionali del software vuole imbrogliare i possessori di computer. Parola del senatore on. Semenzato, vicepresidente del gruppo Verdi - L'Ulivo, che ha presentato un esposto all'Autorità garante della concorrenza e del mercato.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 17-11-2000]

Crescono le denunce contro lo spot della discordia. Dopo Emanuele Somma, anche il senatore on. Semenzato si unisce alla protesta, che vede partecipi anche molti nostri lettori.

Il Senatore Semenzato ha presentato ieri pomeriggio un esposto all'Autorità garante della concorrenza e del mercato affinché proceda per pubblicità ingannevole contro la B.S.A., società che raccoglie le maggiori case produttrici di software (Microsoft, Adobe, Apple Computer, IBM, Intel, Lotus Development, Macromedia, Novell, Symantec e numerosi altri).

La B.S.A. (Business Software Alleance) sta trasmettendo in queste settimane sulle maggiori reti televisive italiane uno spot che abbina il carcere alla duplicazione e copia di software. La voce fuori campo fa chiaramente intendere che copiare software è un reato punibile con tre anni di carcere. In realtà la normativa in vigore, recentemente approvata dal Parlamento con la legge 248 dell'agosto 2000, prevede che il carcere non è assolutamente previsto per l'uso personale delle copie. Quindi non vi è alcuna coincidenza tra copiare software e commettere reato.

Lo spot in questione invece, non solo non fa alcuna distinzione, ma tende direttamente, anche attraverso un apposito uso delle immagini del carcere, a produrre confusione tra le varie fattispecie con l'effetto di tranne in inganno lo spettatore.

Si tratta - sostiene Semenzato - di una pubblicità ingannevole sia perché viene alterato il contenuto della normativa vigente in materia della cosiddetta pirateria informatica, sia perché viene rappresentato uno stato d'illegalità nel settore software totalmente diverso dalla realtà, peraltro con danno all'immagine del mondo delle aziende.

La portata ingannevole del messaggio consiste, ed è forse il fatto più grave, in un'indebita pressione psicologica sugli utenti individuali di software: coloro che magari hanno in casa una copia di software copiato e che vengono criminalizzati con la minaccia del carcere. Il vero scopo dello spot - conclude Semenzato - è in realtà di impaurire i possessori di computer per indurli ad acquistare nuovo software.

Ecco il testo dell'interrogazione parlamentare:

AUTORITÀ GARANTE
DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO
Direzione Pubblicità Ingannevole

Via Liguria, 26 00187 Roma

Roma 16 novembre 2000

Il sottoscritto Stefano Semenzato, nato a Motta di Livenza il 26-12-46, residente in Roma, via Matteo Boiardo 12, Senatore della Repubblica, chiede all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di verificare la fattispecie di "pubblicità ingannevole" prevista dal D. leg. 74/92 relativa alla trasmissione di un messaggio pubblicitario promosso dalla "B.S.A. Busines Software Alleance" con sede in Via Amadei n. 8, 20123 Milano.

Lo spot è ambientato all'interno di un carcere dove sfilano una serie di loschi figuri. Tra loro si distingue la figura di una "persona" normale in giacca e cravatta. Mentre scorrono le immagini una voce fuori campo recita: "Quarantaquattro software su cento sono duplicati, copiati, venduti come originali. Utilizzare software copiati in azienda è un reato. Con la nuova legge si rischiano fino a tre anni di reclusione. Per controllare se nella tua azienda il software è legale, contatta B.S.A."

A parere dello scrivente si tratta di una pubblicità ingannevole sia perché viene alterato il contenuto della normativa vigente in materia della cosiddetta pirateria informatica, e recentemente approvata dal Parlamento con la legge 248 dell'agosto 2000, sia perché viene rappresentato uno stato d'illegalità nel settore software totalmente diverso dalla realtà, peraltro con danno all'immagine del mondo delle aziende.

La normativa vigente, infatti, agli articoli 171, 171 bis e 171 ter precisa che la duplicazione non è di per se reato; tantomeno il possesso di software duplicati comporta il rischio del carcere con pene detentive fino a tre anni. All'articolo 171 ter in particolare si precisa che "è punito, se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni...".

Lo stesso relatore della legge alla Camera dei Deputati, l'On. Angelo Altea, ha dichiarato che la legge quadro sul diritto d'autore n. 633 del 1941 ammette sempre e comunque la copia dell'opera quando questa è fatta ad esclusivo uso personale ed individuale.

Inoltre, l'affermazione che "il quarantaquattro per cento dei software sono duplicati, copiati e venduti come originali", accostate alle immagini del carcere e abbinate al resto dello spot, fa intendere che quasi metà dei consumatori di software sono nell'illegalità oppure che il quarantaquattro per cento delle aziende italiane lavora in questo settore al di fuori della legge dando comunque una dimensione d'illegalità enorme e producendo un'immagine negativa delle aziende italiane.

In realtà, come si è detto, non tutte le copie duplicate e copiate sono illegali ed inoltre non esistono dati relativi ai reati commessi in azienda, e anche da questo punto di vista l'accostamento non solo è improprio ma tende a condurre in inganno il telespettatore.

Lo spot in questione dunque non solo non fa alcuna distinzione, ma tende direttamente, anche attraverso un apposito uso delle immagini, a produrre confusione tra le varie fattispecie con effetto di tranne in inganno lo spettatore.

Il protagonista dello spot non è come sostengono i promotori un "dirigente d'azienda", ma al contrario appare come una "normale" persona che magari ha riprodotto in casa sua un software d'azienda per uso strettamente personale. E sembrano proprio le persone "normali" e non i manager di azienda il target di riferimento della campagna pubblicitaria della BSA. Non a caso la pubblicità si svolge su reti televisive generaliste e non su riviste specializzate. La portata ingannevole del messaggio consiste allora, ed è forse il fatto più grave, in un'indebita pressione psicologica sugli utenti individuali di software: coloro che magari hanno in casa una copia di software copiato e che vengono criminalizzati con la minaccia del carcere. Il vero scopo dello spot sembra essere in realtà quello di impaurire i possessori di computer per indurli ad acquistare nuovo software.

Per questi motivi, si chiede di intervenire ai sensi del D. leg. 74/92 relativa alla trasmissione del messaggio pubblicitario in questione al fine di provvedere alla sua immediata sospensione e alle penalità previste dalla normativa in questione.

Cordiali saluti
Sen. Stefano Semenzato

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Sen. Stefano Semenzato
Senato della Repubblica
Palazzo Madama 00186 Roma
Tel. 06/67063283 4283
Fax 06/6864457
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