Da alcuni giorni ricevo da più fonti un appello in perfetto stile "catena di sant'Antonio" che parla di una nigeriana che verrebbe lapidata, secondo una delle versioni di questo appello, "per aver concepito un figlio - frutto di una violenza sessuale - al di fuori del matrimonio". Si tratta di una bufala o l'appello è reale?
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 21-12-2001]
La catena recita: "La donna ha indicato il nome del presunto violentatore, che, sicuro dell'impunità, non si è neppure presentato ed è stato assolto per insufficienza di prove. Per la Sharia l'onere della prova è infatti a carico della vittima: diversamente, la donna nubile che concepisce un figlio è equiparata ad una adultera."
Sembra la classica leggenda metropolitana, nata sulla scia del dilagante "anvedi quanto sò cattivi 'sti musulmani" (sulla cui rispondenza a realtà si può discutere a lungo, ma non qui), con le classiche connotazioni sessuali ("ti sei comportata male, ora verrai punita in modo orribile"), per cui sono stato fortemente tentato di ignorarla e di raccomandare di ignorarla, ma mi sono trattenuto. Prima ho fatto qualche indagine. E in effetti stavolta l'appello è autentico.
Prima di raccontarvi i dettagli, ripeto e ribadisco che il fatto che questo appello sia autentico non rende automaticamente autentici anche gli altri che circolano in Rete, tipo l'appello dell'ormai mitica coppia Rasmus Lino (il danese che avrebbe fatto miliardi con una catena di scambi di denaro) e Craig Shergold (il bambino col tumore al cervello, che grazie al cielo è guarito da un pezzo), per cui non sentitevi in dovere di abbassare la guardia d'ora in poi. Anzi, cogliete quest'occasione per capire come si può tentare di distinguere bufale e verità.
Tuttavia un lettore (gtraverso, che ringrazio) mi ha mandato alcune versioni dell'appello che contenevano altri dettagli dell'appello. E' interessante notare come gli appelli si trasformano man mano che vengono ritrasmessi: la cosiddetta "deriva digitale". Usando questi nuovi dettagli sono riuscito a trovare un riferimento assolutamente autorevole: Amnesty International.
In particolare, ho usato la ricerca dei newsgroup di Google e ho trovato un messaggio nel mitico newsgroup it.discussioni.leggende.metropolitane (che vi consiglio di frequentare, almeno in lettura), contenente un link a questa pagina del sito americano di Amnesty International.
Riassumendo e traducendo, Safiya Yakubu Hussaini (notate la deriva digitale all'opera: Tungar-Tudu è il nome della località dove abita, non è parte del nome della ragazza) è una trentenne divorziata di Tungar-Tudu, nello stato di Sokoto (Nigeria del nord). Il 14 ottobre è stata condannata alla lapidazione per adulterio, in quanto secondo la legge islamica locale (Sharia) l'adulterio comporta la pena capitale se l'individuo che la commette è sposato. La ragazza ha un bambino di cinque mesi.
Notate ancora la deriva digitale in azione: non si parla di violenza carnale e Safiya non è punita in quanto nubile che concepisce un figlio, ma perchè ha commesso adulterio con un uomo sposato. Dunque mai fidarsi del testo delle catene di sant'Antonio.
Amnesty suggerisce di mandare una lettera (NON un e-mail, troppo facile da cestinare: la lettera fa più effetto) all'ambasciatore nigeriano negli USA e ne fornisce l'indirizzo e un testo precompilato, che chiede rispettosamente la conversione della sentenza di morte e di garantire che il diritto di appello legale di Safiya venga rispettato e applicato.
Già, perchè il messaggio che circola non lo dice, ma persino la Sharia (che ha fama di non essere un sistema legale moderno -- e anche qui ci sarebbe da discuterne a lungo se è fama meritata o meno) prevede il ricorso in appello, e la Nigeria ha sottoscritto la convenzione contro la tortura. Quindi non si tratta di andare contro le leggi nigeriane, ma di farle rispettare; non è una interferenza negli affari interni di un paese straniero.
Insomma, posso confermare (per quanto possano essere autorevoli le mie conferme) che l'appello è autentico.
Detto questo, lascio alla coscienza di ognuno decidere cosa fare di questo appello.
Amnesty International ha una sede italiana:
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www.amnesty.it
Via Giovanni Battista De Rossi 10
Roma 00161
Tel. + 39 06 449 01
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