Dal 22 marzo una legge regionale porterà alla chiusura di circa 3.000 posti telefonici pubblici; ma si tratta di una grave limitazione del diritto costituzionale alla comunicazione.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 21-03-2007]
Circa 700 phone center nella sola Milano, 3000 nell'intera Lombardia, in tutto circa 10.000 persone, prevalentemente immigrate che rischiano di non poter più vivere con le loro famiglie e di non vedersi rinnovato il permesso di soggiorno.
Sono queste le dimensioni della chiusura in massa, a causa dell'entrata in vigore delle nuove regole (praticamente inapplicabili per obblighi di spazi e servizi igienici obbligatori) per i "phone center", i punti telefonici pubblici, spesso dotati di postazioni Internet, frequentati prevalentemente (ma non solo) da immigrati extracomunitari, che in questi posti possono telefonare a tariffe agevolate, inviare fax, e-mail e spesso fanno da punti per il "money transfer", il trasferimento (legale) delle rimesse degli immigrati alle loro famiglie di origine.
Si tratta di un provvedimento difficilmente interpretabile fuori da una logica xenofoba, come quella che punta a chiudere moschee e scuole islamiche, che anima la giunta regionale di centrodestra che ha emanato la legge e che si abbatte su un settore di attività commerciali legali rovinandolo, cosa che fa a pugni con le istanze liberiste e proimprenditoriali della destra italiana. Fa a pugni anche con la volontà di rendere la città di Milano sempre più turistica, con ampia possibilità di comunicare per gli ospiti stranieri.
Si tratta anche di un provvedimento discutibile sotto il profilo dell'ordine pubblico e della sicurezza: gli immigrati continueranno a telefonare ma in modo clandestino, affidandosi a organizzazioni al limite o decisamente fuori dalla legalità, senza controlli fiscali e di polizia.
Si tratta della prima volta che una Regione utilizza i nuovi poteri in materia di diritto alla comunicazione e lo fa allontanandosi dallo spirito costituzionale che garantisce la più ampia libertà di comunicazione per tutti, a prescindere dalle condizioni sociali e dal fatto di essere o meno cittadini italiani.
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