Il centrosinistra ha sfruttato poco la Rete

Quattro chiacchiere con Cristian Vaccari, esperto di comunicazione on line.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 03-05-2006]

Cristian Vaccari è giovane ma è già uno dei maggiori esperti italiani di comunicazione politica on line, grazie anche agli studi e all'esperienza fattasi direttamente negli Usa, che poi ha portato nella campagna elettorale del Sindaco di Bologna Sergio Cofferati, che ha anche raccontato in un saggio.

A lui abbiamo posto qualche domanda sul rapporto tra politica, propaganda elettorale e partecipazione.

Zeus News: In Francia milioni di giovani tengono un blog e milioni di giovani scendono in piazza contro la precarietà, in Italia non è così. C'è un nesso tra maggiore comunicazione sul web e maggiore partecipazione e presenza sulla scena pubblica?

Cristian Vaccari: "Gli italiani non sono, in generale, un popolo di grande cultura civica e di grande propensione alla partecipazione. Però non dimentichiamoci la stagione di manifestazioni tra il 2001 e il 2003, dall'articolo 18 alla guerra in Iraq ai girotondi. Mobilitazione in cui anche i nuovi media hanno avuto un ruolo, pensiamo al caso di Peacelink per le bandiere della pace. Si scende in piazza quando c'è un'emergenza avvertita come tale dalla popolazione e su cui gli attori politici la chiamano a raccolta. In Francia è avvenuto qualcosa di abbastanza simile al caso dell'articolo 18 in Italia. E poi non credo che gli italiani scrivano sui blog molto meno dei francesi. La diffusione della rete in Italia è su livelli paragonabili a quelli delle nazioni leader in Europa. Il vero divario è ancora tra Europa e Stati Uniti. E tra la realtà della vita quotidiana delle persone, anche on line, e quella che vedono e raccontano i mezzi di comunicazione tradizionale. Basta guardare al fenomeno Beppe Grillo per averne la riprova".

ZN: Gli italiani più che on line sono una mobile-people, un popolo di "telefonisti" attaccati al cellulare, soprattutto i giovani che inviano milioni di Sms. La comunicazione politica non utilizza molto il cellulare, a parte gli Sms governativi delle scorse Europee; invece hanno successo le catene spontanee tipo quelle sui "coglioni": perché?

Cristian Vaccari: "Il cellulare è un mezzo personale e privato. Come ha insegnato il caso dell'Sms della Presidenza del Consiglio alle europee, la reazione del pubblico a messaggi invasivi sul telefonino è di fastidio e insofferenza. Anche qui, se il metro di giudizio è quello del bombardamento pubblicitario, i cellulari servono a poco".

"La politica deve entrare nell'ottica del "marketing del permesso", quello per cui prima si chiede il permesso di comunicare, poi, se la risposta è positiva, si comunica. Ovviamente è più difficile raggiungere certi segmenti in questo modo, ma è l'unica soluzione in un panorama della comunicazione completamente saturo di messaggi che competono per la nostra attenzione e, non di rado, per il nostro portafoglio".

"Se si vuole utilizzare in modo intelligente il cellulare, bisogna usare gli stessi accorgimenti che si adottano per l'email: evitare lo spamming, cogliere ogni occasione per chiedere ai propri sostenitori di lasciare il loro numero, proporre una comunicazione mirata, personalizzata ed interessante. anziché un bombardamento generalista e ripetitivo, sfruttare i meccanismi di diffusione virale come le catene. Da questo punto di vista Forza Italia ha imparato la lezione e, in questa campagna elettorale, ha promosso alcune catene, tra cui mi pare che quella sulle donazioni di Prodi ai suoi figli abbia avuto una certa diffusione".

"Un campo in cui i cellulari sarebbero utilissimi, sempre nella logica a cui accennavo prima a proposito dei siti web, è quello della raccolta di fondi. Le campagne di solidarietà basate sulla formula "un messaggio per un euro di donazione" funzionano benissimo. In questo caso però è l'Autorità delle Telecomunicazioni che non li consente per partiti e candidati. Francamente non capisco perché."

ZN: La campagna elettorale appena conclusasi è stata giocata tutta in Tv, non essendoci poi le preferenze anche i siti web dei singoli politici non hanno avuto un grande ruolo. E' così o il web sta conquistandosi un posto maggiore nella comunicazione politica?

Cristian Vaccari: "Se il metro di giudizio è "spostare voti" o "dettare l'agenda" o "convincere gli indecisi", non ci sarà mai una campagna elettorale in cui il web abbia un ruolo maggiore dei media tradizionali. Internet è un mezzo selettivo, nel senso che il pubblico per visitare il sito di un partito deve decidere di volerlo fare. La televisione è un mezzo unidirezionale, che quindi ha la capacità di indirizzare l'attenzione del pubblico molto più di un sito internet, e raggiunge un pubblico più vasto, in cui si trovano fasce di indecisi che sicuramente sul web non vanno mai".

ZN: Allora è inutile investire sul Web per i politici?

Cristian Vaccari: "La funzione della rete in politica deve essere diversa. I partiti devono rendersi conto, e alcuni lo stanno già facendo, che i visitatori dei loro siti in prevalenza sono persone che già li sostengono. L'obiettivo allora deve essere non quello di informarli, dato che solitamente queste persone sono già bene informate, leggono molto e consultano diverse fonti. Bisogna trasformare questi sostenitori potenziali in attivisti. Bisogna dare loro strumenti per uscire dal mondo della rete e incidere sul mondo politico e della comunicazione "reale". Chiedere il loro sostegno, come finanziatori, come volontari, come soggetti che possono aiutare a diffondere la comunicazione dei partiti in modo capillare e mirato, on line e off line. Ricordiamoci che le ricerche dimostrano che nel pubblico della comunicazione politica on line ci sono molti leader di opinione, che hanno la capacità di influenzare quello che altre persone pensano. È un'influenza diretta e dialogica, ma potenzialmente non meno significativa di quella, diretta e monologica, della televisione. Se la si prende sul serio, la rete può costituire un'infrastruttura organizzativa molto più efficiente e funzionale alla società contemporanea di quanto lo siano le organizzazioni di partito. Queste, beninteso, sono fondamentali e nessuno pensa di eliminarle, ma è giunto da tempo il momento di rivitalizzarle integrandole con qualcosa di nuovo".

ZN: I partiti e i politici italiani hanno compreso limiti e potenzialità della Rete per mobilitare il loro elettorato?

Cristian Vaccari: "Il problema è che i partiti italiani non sono particolarmente attenti a queste potenzialità. In una ricerca che abbiamo condotto all'Università di Bologna abbiamo valutato il grado di avanzamento dei partiti nell'uso dei loro siti per informare e per far partecipare il loro pubblico. Abbiamo stilato una lista ideale delle caratteristiche che un sito può avere e abbiamo verificato in che misura queste siano effettivamente diffuse. Per quanto riguarda gli strumenti informativi, i partiti italiani non se la cavano male: in media, hanno circa il 50% delle caratteristiche ipotizzate, con i siti migliori (Margherita, DS, Forza Italia) che arrivano anche al 75-80%. Quando abbiamo analizzato gli strumenti di partecipazione, il dato è sceso al 30%, con i siti migliori attestati intorno al 60-65%. Mi sembra un dato piuttosto significativo".

"Negli anni Novanta, Berlusconi ha "svegliato" i partiti italiani sull'esigenza di usare la televisione e i sondaggi. Negli Stati Uniti, Howard Dean ha avuto questo ruolo per i nuovi media. Continuiamo ad aspettare, anche se per la verità alcuni validi precursori in Italia ci sono stati: i candidati del centrosinistra nelle elezioni locali stati, evidentemente, casi abbastanza clamorosi da essere imitati. Romano Prodi ci ha provato, con la sezione del suo sito chiamata "Incontriamoci", uno spazio di "social networking" in cui sono stati organizzati, autonomamente, un migliaio di eventi sul territorio, raccogliendo oltre centomila iscrizioni. Un numero da non sottovalutare, ma l'iniziativa è partita a febbraio. Tardi, tardissimo, quando l'obiettivo non è "spostare voti", ma costruire relazioni. Fosse nato un anno prima, o anche solo a ridosso delle primarie, "Incontriamoci" forse sarebbe oggi quella storia di successo che traina anche il resto della classe politica".

ZN: Allora al centrosinistra è mancato più Web per vincere meglio?

Cristian Vaccari: "Si'. Le preferenze non c'erano e la campagna sul territorio non aveva più molto senso, ma la scelta di impostare la comunicazione solo sulla Tv aveva un senso per il centrodestra, una parte del cui elettorato è apolitica ed estranea a tutte le altre reti sociali e politiche. Molto meno per il centrosinistra, che, come le primarie e le campagne di cui sopra avrebbero dovuto dimostrare, ha un elettorato molto più portato alla partecipazione e al coinvolgimento."

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© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pier Luigi Tolardo

Commenti all'articolo (2)

perche' non ce ne parli qui, anticipandoci qualcosa? non ho voglia di leggermi tutto il documento.
4-5-2006 16:17

Per approfondire Leggi tutto
4-5-2006 15:34

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