Esiste la possibilità che Wind sia venduta a France Telecom mentre per Telecom Italia la fusione con Deutsche Telekom era stata bloccata dalla politica.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 13-11-2004]
Sempre più forti stanno diventando i rumors che vorrebbero l'Enel vendere Wind a France Telecom, il gestore delle Tlc francesi, che recentemente ha incorporato la telefonia mobile, e che, nonostante il Governo voglia collocare sul mercato una quota importante delle azioni, è saldamente sotto il controllo del Governo francese, suo azionista di maggioranza.
In questo modo l'attuale amministratore delegato dell'Enel Scaroni realizzerebbe il consolidamento dei debiti di Wind in Enel, aumentando il dividendo per gli azionisti, fra cui lo Stato italiano, eternamente e disperatamente alla ricerca di fondi per il suo deficit; Scaroni sarebbe coerente con il programma, più volte dichiarato, di focalizzare l'Enel solo sul business core dell'energia, dismettendo Wind.
France Telecom, grazie all'aiuto dello Stato francese, che per questo è stato multato dall'allora commissario europeo Mario Monti, solo da poco è uscita da una grave crisi finanziaria; France Telecom pagherebbe la Wind in parte con le proprie azioni e risponderebbe per le rime all'iniziativa di Telecom Italia che con la sua consociata è diventata la principale concorrente di France Telecom in Francia, portando così la concorrenza in casa propria.
Il governo di centrosinistra, presieduto da D'Alema e con Giuliano Amato ministro del Tesoro, aveva bocciato l'ipotesi di fusione Telecom Italia-Deutsche Telecom, accarezzata da Bernabè e da Ron Sommer, amministratore delegato dei tedeschi.
La fuzione era pubblicizzata perfino da Schumacher come modello perfetto di sintesi italo-tedesca (benedetta quindi da Luca di Montezemolo, allora solo amministratore delegato di Ferrari, datore di lavoro di Schumacher. Ma D'Alema e Bersani tifavano palesemente per Roberto Colaninno, che aveva lanciato l'Opa del secolo a Telecom Italia, un'Opa che pesa ancora con i suoi debiti sui bilanci di Telecom e sulle bollette degli italiani.
D'Alema aveva salutato con entusiasmo gli "imprenditori padani" che si servivano dei soldi di Unipol e Monte dei Paschi di Siena, casseforti della sinistra da sempre. Lo aveva fatto autorizzando il passaggio della licenza del Gsm dalla Omnitel, controllata da Colaninno, alla Vodafone, attuale proprietaria, e utilizzando la "golden share", il diritto di veto riservato dalla privatizzazione Telecom Italia al Governo.
Il Governo, che poteva mettere il veto a operazioni internazionali, motivò il suo no alla fusione con i tedeschi con il fatto che Deutsche Telekom, a differenza di Telecom Italia, era ancora sotto il controllo del Governo e quindi Telecom Italia sarebbe caduta sotto il controllo tedesco.
Questa decisione del governo, a difesa degli interessi nazionali, ebbe l'incondizionato appoggio di Fini ma anche di Berlusconi nella triplice veste di capo dell'opposizione di allora, socio di Colaninno nell'Opa attraverso la sua Finivest, socio di Albacom (e allora anche di Blu) con gli inglesi di British Telecom e quindi concorrente di Telecom Italia.
Oggi per ragioni di cassa il governo Berlusconi, che è il proprietario di Wind, la venderebbe allo Stato francese, che è il proprietario di France Telecom, ribaltando la decisione di allora.
E' un rischio che lo stesso Pompei, amministratore delegato attuale di Wind, ha indicato come un pericolo reale: il passaggio di un altra grande azienda italiana in mani straniere.
Sono, evidentemene, lontani i tempi in cui De Benedetti tentava l'assalto alla Sgb in Belgio e Pirelli voleva acquistare la Continental tedesca. Oggi anche Alitalia, dopo il salvatagio, potrebbe cadere sotto il controllo di Air France, mentre Fazio blocca l'assalto degli spagnoli, già forti in Italia, al controllo del nostro sistema bancario.
Le cose cambiano velocemente: l'orgoglio nazionale sfoggiato all'unanimità nel 2000 per Telecom Italia verrebbe dismesso in quattro e quattr'otto per Wind.
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