Le immagini tridimensionali aumentano il rischio di strabismo. Soprattutto nei bambini, ma anche negli adulti.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 28-06-2010]
Il 3D sembra sempre più chiaramente essere il futuro - un futuro molto vicino - dell'intrattenimento: dai cinema ai televisori fino alle console per videogiochi, tutti paiono fare ormai a gara per fornire l'esperienza tridimensionale ai propri utenti.
C'è tuttavia un serio rischio in tutto ciò, un rischio emerso già quasi vent'anni fa, tenuto nascosto e infine dimenticato fino a oggi.
Le aziende, in fondo, lo sanno: Nintendo, per esempio, avverte che sarebbe pericoloso permettere a bambini al di sotto dei 7 anni di giocare con la nuova console portatile 3DS.
Infatti, un tempo si pensava che fosse inutile intervenire per correggere lo strabismo (l'incorretto allineamento degli occhi) su persone al di sopra dei sette anni; bambini, cioè, che ormai avevano concluso lo sviluppo di quella particolare parte del loro corpo.
Oggi si sa che ciò non è vero e che, seppure a fatica, è possibile correggere lo strabismo anche se l'età è più avanzata, perché il sistema nervoso resta in grado di imparare e reimparare, se sottoposto a una sorta di "allenamento" speciale.
Tutto ciò pone tuttavia un problema proprio legato alle tecnologie 3D. Il sistema per mostrare le immagini tridimensionali si basa infatti proprio sull'idea di mostrare agli occhi due immagini leggermente diverse, un po'come se la persona che guarda fosse strabica; potremmo quasi parlare di uno strabismo temporaneo artificialmente indotto.
Ma se il sistema nervoso può con l'allenamento adatto imparare a comportarsi bene - e infatti è possibile correggere l'allineamento degli occhi - non può forse succedere che sappia imparare anche a comportarsi male? In altre parole: è possibile che l'uso eccessivo del 3D porti gli occhi a perdere almeno in parte il loro allineamento, creando dunque problemi alla visione stereoscopica?
La risposta a queste domande pare essere affermativa. Già ora ci sono spettatori che affermano di avere difficoltà nel percepire lo spazio intorno a loro per alcuni minuti dopo aver visto un film in 3D.
Inoltre, ora finalmente si sa perché i dispositivi per la realtà virtuale tridimensionale (casco, guanti) in voga negli anni '90 non sono mai arrivati davvero sul mercato: le ricerche condotte allora già mostravano gli effetti negativi sulla vista dell'esposizione prolungata alle tecnologie 3D.
Ciò è testimoniato da Mark Pesce, che al tempo lavorava per la Sega proprio al progetto di realtà virtuale 3D dell'azienda giapponese. Gli studi condotti interpellando anche lo Stanford Research Institute di Palo Alto, in California, ebbero risultati chiari: sarebbe stato pericoloso l'uso di quei dispositivi da parte dei bambini.
Così il progetto di realtà virtuale morì, ma ora la tecnologia 3D sta prendendo piede. E non sembra più che solo i bambini siano a rischio, ma anche gli adulti.
Guardare uno o due film tridimensionali al mese probabilmente non crea nessun problema alla salute, a parte il breve disorientamento immediatamente successivo: ma che potrebbe succedere con le TV 3D o le console in ogni casa, accese per molte ore al giorno? I rischi sono reali.
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