Il corpo umano è un posto sicuro per conservare una password. Soprattutto quella del pacemaker.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 19-04-2010]
Dopo che è stato dimostrato come sia possibile - seppure superando alcune difficoltà - sfruttare l'accesso wireless a dispositivi come i pacemaker per comandarli o spegnerli, sono nate alcune proposte per difendere i portatori di pacemaker da eventuali - per quanto improbabili - attacchi.
Una di queste, concettualmente semplice, si basa su una richiesta di password a chiunque voglia agire sui parametri di un apparecchio impiantato (un pacemaker, appunto, ma anche un defibrillatore, per esempio): proprio come per l'accesso a una rete senza fili, il medico dovrà inserire la password per apportare gli aggiustamenti alle impostazioni che riterrà necessari; allo stesso modo un eventuale malintenzionato sarà fermato dalla parola chiave, che non conoscerà.
I problemi sorgono quando, per qualsiasi ragione, il medico non ha modo di venire a conoscenza della password eppure ne ha necessità per intervenire tempestivamente.
Naturalmente sarebbe buona idea evitare che le informazioni siano visibili a chiunque: per il tatuaggio sarebbe dunque il caso di utilizzare un inchiostro ultravioletto, normalmente invisibile; la password sarebbe scritta nelle vicinanze dell'apparecchio impiantato.
Per maggiore sicurezza Schechter (che di backup se ne intende) consiglia di replicare i dati anche in un'altra parte del corpo.
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