Alla ricerca di uno standard per la fattura elettronica nella pubblica amministrazione, dove oggi regnano i formati proprietari.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 21-07-2009]
Da alcuni anni si sente parlare in Italia di uno "standard CBI" per la fattura elettronica, buono anche per la fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione. Ma sembra proprio che sia stato un abbaglio.
È quanto si desume dalle analisi dello SCIC (lo Steering Committee Interassociativo ACMI-AITI-ANDAF su Corporate Payments & Financial Supply Chain) che raggruppa le associazioni professionali e manageriali dei direttori amministrativi e finanziari, dei credit manager e dei tesorieri d'impresa.
Lo SCIC è intervenuto di recente per la seconda volta sul tema della fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione. Dopo aver indirizzato a ottobre dello scorso anno ai ministri Tremonti e Brunetta un sostanzioso documento sulle esigenze generali delle imprese, ha infatti rappresentato di recente agli uffici legislativi impegnati nella redazione del testo del Decreto col quale si fisseranno le regole tecniche, che quello del CBI è un formato proprietario.
La differenza è notevole sia per i provider di soluzioni software e di servizi sia per gli utilizzatori finali. Nella sostanza, il formato proprietario non soddisfa i requisiti di indipendenza e di interoperabilità.
Chi dovesse adottare ugualmente il formato proprietario si troverebbe nella spiacevole situazione di dipendere da chi detiene il governo delle regole e di non poter scambiare automaticamente fatture nei rapporti con imprese che, in Italia, in Europa e nel resto del mondo, hanno sviluppato le loro piattaforme ICT usando standard riconosciuti. Insomma, un'ulteriore motivo di frammentazione del nascente mercato dei servizi per la generazione e lo scambio di documenti digitali.
Al momento, gli unici standard che utilizzano la sintassi XML (il linguaggio scelto dalla UE per l'e-Government e per la Single Euro Payments Area) pubblicati e manutenzionati da organismi ufficialmente riconosciuti sono il Cross Industry Invoice 1.1, emesso da UN/CEFACT, e UBL 2.0, emesso da OASIS.
Tuttavia, solo UBL trova da anni applicazione tra le imprese e dal 2005 è usato dalla Danimarca per la fatturazione verso la Pubblica Amministrazione, poi seguita da Svezia, Islanda e Norvegia. L'UBL è stato inoltre utilizzato nei progetti europei di e-procurement delle organizzazioni statali e regionali (Progetto PEPPOL, in Italia ne sono parte CONSIP, CSI Piemonte e INTERCENT-ER).
Anche ENEA ricorre da tempo a UBL per supportare le piccole e medie imprese nel trasferimento di tecnologie volte a favorire processi di filiera o di distretto. Diversamente da CII, oltre alla fattura, lo standard UBL offre la bellezza di ulteriori 30 documenti elettronici normalizzati, tutti coerenti e concatenabili, mediante cui ingegnerizzare i processi di supply chain e di regolamento amministrativo.
Ma non finisce qui. UBL consente di mantenere l'interoperabilità anche nel caso in cui, per ragioni locali o di specifiche comunità di business, sia necessario aggiungere o togliere alcune informazioni al formato standard originario; e questo, anche in relazione ai diversi contesti contrattuali di cui gli scambi di documenti sono espressione.
Non a caso, il CEN (Comité Europeen de Normalization), ha elaborato i requisisti per l'interoperabilità (Business Interoperability interfaces) sfruttando la semantica UBL.
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